Oggi in piazza per il Sud
Sei grandi organizzazioni di ispirazione cattolica scenderanno oggi nelle piazze delle più grandi città del Sud per far sentire la propria voce sul Mezzogiorno.
Da Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Bari si alzerà un grido di indignazione per l’immobilismo di questi anni. E soprattutto si invocherà una nuova stagione di concordia istituzionale necessaria alla definizione di un grande patto che individui nel riscatto dei più deboli il principale obiettivo strategico nazionale. Un segnale che si unisce idealmente al forte appello al confronto lanciato sabato da Confindustria e all’idea che per rilanciare la crescita del paese una grande intesa cencertativa sia urgente e ormai irrimandabile.
Queste importanti chiamate interrogano in modo diretto la politica e non possono più rimanere inascoltate.
L’Italia deve ripartire da un grande patto sociale che punti al rilancio delle realtà sociali più deboli. In questa prospettiva lo sviluppo del Mezzogiorno assume un significato strategico. Tutte le criticità nazionali si ripresentano infatti con maggiore intensità nel Sud. E il problema centrale sotto il parallelo di Roma si chiama lavoro. Nei giorni scorsi abbiamo letto dati da bollettino da guerra. Al meridione spetta infatti il triste primato europeo del più basso tasso occupazione giovanile, che tocca la soglia del 40 per cento, contro una media nazionale del 28. Ma il dramma del Sud è solo parzialmente rappresentato dagli indicatori ufficiali, che non sono in grado di pesare l’incidenza dello scoraggiamento, che porta moltissime persone a non iscriversi neanche più alle liste di collocamento.
Superare insieme le cause che sono alla base di questo infernale squilibrio, significa sciogliere il nodo centrale dello sviluppo nazionale. È questo il punto centrale – e pienamente condivisibile – della piattaforma che presenteranno oggi Cisl, Movimento cristiano lavoratori, Compagnia delle opere, Confartigianato, Confcooperative ed Acli. Ben concreto e apprezzabile il ventaglio delle proposte che include tra l’altro una vera fiscalità di sviluppo, un piano infrastrutture degno di questo nome e risorse nazionali che vadano oltre gli spot di questi due anni. Ma le associazioni vanno oltre e pongono la sfida meridionale al centro di una battaglia per ristabilire valori fondanti di una comunità quali dovrebbero essere la solidarietà e la fratellanza. Un messaggio che deve illuminare anche l’azione politica.
Perché dalla capacità che avremo di dare risposte all’altezza dipende non solo la futura crescita della ricchezza nazionale, ma anche il riscatto della politica intesa come opera morale al servizio del bene comune.
Al centro di questa azione deve tornare la persona, primo ed essenziale elemento di una società coesa e solidale. Significa sostituire il principio del conflitto con quello della partecipazione, secondo cui ogni membro di una comunità deve sentirsi protagonista nel processo di cambiamento.
Come si traduce questa griglia di valori in concreto? Con la parola “concertazione”. Significa garantire la compartecipazione delle organizzazioni sociali nei processi decisionali e produttivi nazionali.
Promuovere e sostenere le competenze dei corpi intermedi – a cominciare dalla famiglia – secondo il principio della sussidiarietà.
Assicurare, sul piano nazionale, una salda riaffermazione del patto unitario e solidale. Lavorare al cantiere della piena e responsabile condivisione delle responsabilità su obiettivi strategici comuni.
Questa la sfida che ci attende oggi.
Ma solo uscendo dal clima di conflitto sociale, geografico e istituzionale in cui il governo Berlusconi ha gettato il paese saremo in grado di raccoglierla pienamente.
Restituendo una nuova speranza di unità, solidarietà e sviluppo all’Italia e agli italiani.
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