L’orario è quello giusto per un colpo in banca. Puntuale arriva il bandito. Non ha il volto coperto e non è armato, entra dalla porta principale. In un colpo messo a segno qualche mese fa, i banditi erano penetrati nel bersaglio della rapina da una finestra retrostante. Tre sole persone all’interno della Banca popolare di Novara nel centralissimo corso Vittorio Emanuele di S. Agata dei Goti: il direttore chiuso nel suo ufficio, un solo dipendente e un cliente. Questi ha in mano seicento euro, i risparmi di qualche mese, pronti a essere versati sul libretto. «I soldi li dai a me» dice il bandito. Fa per prenderli, poi guarda dritto negli occhi il cassiere e gli intima di aprire la cassaforte. Il vero bottino che ha programmato di ottenere è lì dentro. A questo punto entra in scena il direttore, Giorgio Maria Castriota Scanderbeg. Dialoga con il potenziale rapinatore, operazione che riesce più semplice per il fatto che l’uomo non ha colteli o pistole spianate. I soldi della cassaforte, eventualmente, gli dice, sarebbero stati disponibili solo di lì a mezz’ora, visto che è di quelle regolate a tempo. Il ragionamento è pacato, il tono di quelli paterni. Il rapinatore, a questo punto, cerca di capire fin dove possa arrivare. Ripete al cassiere di aprire la cassaforte. Ma presto si accorge che in realtà non sarà possibile e, intanto, i minuti trascorrono pericolosamente. E i soldi del cliente, l’unico possibile bottino rimasto? L’uomo decide di portarli a casa, una specie di souvenir della sua escursione, probabilmente, fuori porta. Seicento euro, d’altronde, sono sempre utili. Il direttore cerca di convincerli a non rubare al cliente, forte anche del fatto che dovrà essere lui ad azionare la porta blindata per farli uscire. «Ma sì - è l’ultima frase dello strano rapinatore mancato - gli lascio i soldi, ai poveri non si ruba». Svolta l’angolo e, come se niente fosse accaduto, riprende la sua giornata.
Thursday, July 24, 2008
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