Monday, September 25, 2017
pasquale orlando news sociali : Giornata delle aree interne con Futuridea.
pasquale orlando news sociali : Giornata delle aree interne con Futuridea.: Si è tenuta Venerdi 22 Settembre presso la Camera di Commercio di Benevento la “Giornata delle Aree Interne” organizzata da Futuridea ...
pasquale orlando news sociali : AL NOSTRO BIVIO CON L'ECO DEI TAMBURI DI TRAIANO d...
Quasi un sommergibile sotto di noi, il terreno è pieno di tesori sepolti Nemmeno un archeologo ha percorso la strada in questo modo
Ululano nel vento i ponteggi dell’arco di Traiano. I teloni di copertura, strattonati dalle raffiche, sbattono come una vela di fiocco durante una strambata. La formidabile struttura in pietra sembra posseduta dagli spiriti ed è come se l’intera provincia di Benevento volesse svelarci il senso del suo nome. È ancora una donna a condurci per mano nelle meraviglie del passato, l’archeologa Luigina Tomay, allertata dal tam-tam. Non ci ha dato nemmeno il tempo di mollare gli zaini e siamo già quassù con lei, in un dedalo di scalette e tubi Dalmine, a vedere un arco romano da vicino come non ci è capitato mai. Credevamo che la protezione ce lo allontanasse, e invece eccoci a pochi centimetri da una folla di sacerdoti, tribuni e legionari illuminati dalla luce color senape del tramonto.
«Quest’arco è solo la punta dell’iceberg della romanità in questo luogo», spiega la nostra guida. «Gran parte del resto è nascosto e riusato in altri edifici. Lo capirete in via San Filippo, dove una facciata medievale è fatta quasi interamente con resti romani assemblati a caso». Ai tempi dell’impero, Benevento era il cuore dell’Italia antica, oggi c’è da chiedersi come abbia fatto a ritrovarsi lontana da tutto. Eppure basterebbe quest’arco per capirne l’importanza. Fotogrammi che ti arano l’anima. Il toro che piega il collo e un uomo a torso nudo che affonda il coltello, mentre altri tengono fermo l’animale. La plebe con i figli in braccio che fa la fila per ricevere i contributi alimentari. L’interminabile trionfo di Traiano dopo la vittoria sui Daci. Ne puoi sentire i tamburi.
L’arco sulla nostra strada rappresenta il bivio, la scelta. Iniziato a costruire nel 114 dopo Cristo, esso segna e celebra l’inizio dell’Appia numero due, chiamata appunto “traiana”, che raggiungeva Brindisi con un tragitto più breve e costiero. Tutto ci spingerebbe in quella direzione. La maggiore evidenza della traccia, le pietre miliari magnificamente conservate, i monumenti. Ma noi non cerchiamo il facile. Vogliamo trovare la Numero Uno, anche se si ridurrà a una linea nel grano. Brindiamo in un bar all’aperto alla linea che non deflette, e intanto sul decumano i Sanniti passano con profili di bronzo nell’ultimo sole che arroventa il selciato in controluce e disegna ombre lunghe come nelle notti bianche del grande Nord. Contro l’ombra delle case, i candidi piumini di pioppo, ancora illuminati, generano una scintillante nevicata fuori stagione.
… Il mattino dopo è tutto rondoni, praterie nel vento e cielo pulito, peluria di campi di grano punteggiata di papaveri, accesi come rossi abat-jour nella prima luce. Ma la giornata si annuncia difficile. Avremo pochissimi segni certi per proseguire, tranne un ponte romano rotto sul fiume Calore. Fuori Benevento il terreno è un dedalo di colli e masserie, e il nostro tragitto diventa subito la risultante di una serie di errori e tentativi. Riccardo consulta le mappe, scende in mezzo alle ortiche, supera roveti regolare come un diesel ma leggero come un trapezista. Desiste, risale, riprova, e sempre riesce a venire a capo dei terreni più difficili, col Gps che gli conferma l’allineamento con il decumano di Benevento. Al suo confronto, noi siamo caterpillar nel fango.
La direttrice nel frumento è così perfetta che Irene si diverte a camminare a occhi chiusi nel silenzio. L’Appia è un sommergibile sotto di noi, la sentiamo coi piedi, e il terreno è pieno di tesori sepolti. “Vendesi terreno con ruderi, metri quadrati 18 mila, tel. 348. eccetera”, sta scritto su un cartello. La vista ti ubriaca, siamo sulla schiena dell’Appennino. Essicatoi di tabacco, noceti, grano e vento. Ma il cemento è sempre in agguato: in zona San Nicola Manfredi l’Appia diventa un deserto vialone asfaltato con lampioni in mezzo al nulla, un costo di 2.824 mila euro che grida vendetta all’erario ma ti assicura che “la tua Campania cresce in Europa”. In località Calvi un cartello stradale ci riconforta e dice “Appia antica”, dunque non brancoliamo nel buio. È lì che inizia la lunga discesa verso il fiume Calore. Siamo più o meno alla metà del viaggio. La chiave di volta, il Ponte Rotto, un segno dato per sicuro da tutti gli archeologi. Peccato che accanto al ponte rotto non ci sia nessun ponte nuovo e la strada finisca. Si preannuncia il guado, il passaggio dipende solo dall’altezza dell’acqua. Scendiamo lietamente oltre l’ultima masseria e un mandriano che ci chiede preoccupato dove andiamo, Marco risponde ridendo: «Se non ci vede tornare vuol dire che siamo passati. O siamo morti».
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Il ponte sorge all’improvviso da una foresta di pioppi centenari. Un’unica arcata è ancora in piedi, ma quanta dignità in quei piloni superstiti che hanno resistito a duemila anni di piene nonostante il totale abbandono. In qualsiasi altro Paese un monumento simile sarebbe segnalato e consolidato, ma non in Italia. Ma l’abbandono ha i suoi lati positivi. Siamo assolutamente soli, potremmo essere in una valletta afghana. L’acqua è fredda, pulita, e bassa abbastanza per consentirci il guado.
E il guado diventa un battesimo, una comunione forse, che certifica il primato del viaggiatore a piedi. «Mi sento fesso e contento», mormora l’irpino Ciriello addentando un panino sui ciottoli dell’altra riva. Anche la nostra guida è felice, ormai non resta che la salita verso il passo di Mirabella.
«Dì la verità Riccardo — gli chiedo — in quanti hanno già fatto questo viaggio?» Lui: «Nessuno. Siamo i primi. A quanto ne so non esiste archeologo che di recente abbia fatto l’Appia a questo modo. E questa è una strada che può fare solo un viaggiatore a piedi». Non l’ho mai visto così sicuro di sé.
pasquale orlando news sociali : AL NOSTRO BIVIO CON L'ECO DEI TAMBURI DI TRAIANO d...: le foto di Ponte Rotto.... AL NOSTRO BIVIO CON L'ECO DEI TAMBURI DI TRAIANO di Paolo Rumiz Quasi un sommergibil...
Friday, September 22, 2017
Paolo Rumiz al Ponte Appiano. un racconto per il domani.
Sabato 23 settembre, ore 18, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, Paolo Rumiz terrà una “lezione” ai piedi del Ponte Appiano, l’affascinante ponte-viadotto fatto costruire dall’imperatore Traiano per consentire la prosecuzione della via Appia da Capua a Brindisi.
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“Ma eccolo, il ponte, oltre un boschetto di pioppi centenari. […] Un’unica arcata è ancora in piedi, il resto sono piloni mozzi pieni di commovente dignità […]. L’abbandono è totale […] al punto che, se non si interviene a breve, in poco tempo il ponte non ci sarà più”. Sono le parole che Paolo Rumiz ha dedicato al Ponte rotto sul fiume Calore nel suo libro sull’Appia, edito da Feltrinelli, spiegando (soprattutto ai giovanissimi) che i beni storici, artistici ed archeologici non sono necessariamente eterni. Il Ponte rotto, come ricorda Rumiz, ha vinto le piene di molti secoli, ma contro il pericolo dell'oblio la battaglia è davvero ardua.
E proprio contro tale pericolo, sabato alle ore 18.00, in concomitanza con le Giornate Europee del Patrimonio, Paolo Rumiz si recherà ai piedi del ponte (che condivide i territori di Calvi, Apice e San Giorgio in provincia di Benevento, di Venticano, Bonito e Mirabella in provincia di Avellino) per tenere una “lezione”: in verità un vero e proprio storytelling, introdotto da Aglaia McClintock (docente di Diritto romano presso l’Università del Sannio) e accompagnato dalle musiche originali del Notturno Concertante (band del rock progressive italiano).
Il racconto di Paolo Rumiz si inserisce in un percorso progettuale ben preciso. I Comuni di Calvi, Venticano, San Giorgio del Sannio, Ceppaloni ed Apollosa – che condividono il tratto sannitico-irpino della via Appia – hanno stipulato un protocollo d’intesa indirizzato a mantenere alta l’attenzione su un bene storico-archeologico di particolare valore, quale è appunto il Ponte Appiano sul fiume Calore. La costruzione, come si sa, s’impose presto quale crocevia di genti nonché come asse di sviluppo per l’economia antica di tutta l’Italia meridionale. Inserito in un affascinante contesto ambientale e naturalistico, il Ponte abbisogna tuttavia di un importante lavoro di recupero, onde evitarne la “scomparsa”. Di qui, allora, l’organizzazione di una manifestazione culturale di rilievo, che si traduce nei fatti in un vero e proprio programma di valorizzazione. Il proposito generale è quello di rileggere il passato storico del territorio di riferimento, offrendolo alle esigenze culturali di visitatori e turisti. Collegare territori, agevolare scambi, generare incontri è l’intento prioritario del progetto; dibattiti, incontri, lezioni, premi, presentazioni, concerti, rappresentazioni teatrali, mostre, visite guidate, invece, sono alcuni degli strumenti prescelti per raggiungere l’obiettivo.
Insomma, un percorso storico-culturale ben meditato, che nel prossimo week-end propone l’incontro con un narratore d’eccezione: Paolo Rumiz.
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Paolo Rumiz - Giornalista e scrittore italiano triestino. Inviato speciale del "Piccolo" di Trieste, quindi editorialista di "La Repubblica", ha seguito gli eventi politici che a partire dagli anni Ottanta hanno prodotto profonde trasformazioni nell’area balcanica, pubblicando a seguito di questa esperienza il reportage Maschere per un massacro (1996), e successivamente ha documentato gli eventi bellici verificatisi in Afghanistan dal 2001. Appassionato viaggiatore di viaggi lenti e consapevoli, effettuati a piedi o con mezzi di fortuna, indagatore delle terre di confine e dei luoghi dimenticati, ha percorso itinerari sconosciuti al turismo di massa, soprattutto nell'Est europeo, nel profondo Nordest italiano, lungo il fiume Po. Di questo girovagare animato da ideali minimi e chiari, e degli incontri che ne sono derivati con un mondo di personaggi autentici e di territori strani e meravigliosi, ha dato conto con uno stile asciutto e fotografico, che non si compiace mai di sé stesso ma tende a restituire con immediatezza e semplicità il vissuto, in numerosi libri, tra cui occorre citare almeno: Danubio. Storie di una nuova Europa (1990); La leggenda dei monti naviganti (2007); Tre uomini in bicicletta (con F. Altan, 2008); L'Italia in seconda classe (2009); Trans Europa Express (2012); Morimondo (2013); Come cavalli che dormono in piedi (2014); entrambi nel 2015, La cotogna di Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna (da leggere soltanto ad alta voce) e Il Ciclope; Appia (2016). Sito ufficiale della manifestazione www.oltreisentieri2017.it
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Il Ponte Appiano (noto anche come Ponte rotto sul fiume Calore) - Trait d’union dell’intera manifestazione è il Ponte Appiano, noto anche come Ponte rotto sul fiume Calore. Esso è uno spettacolare ponte-viadotto di epoca romana, i cui resti ci dicono che era lungo circa 142 metri e alto (nella parte centrale) circa 13 metri. Voluto probabilmente dall’imperatore Traiano, il ponte consentiva materialmente il passaggio della via Appia dal Sannio all’Irpinia, per giungere a Venosa, Taranto e Brindisi. Facile immaginare, dunque, la ragione per cui la costruzione s’impose presto come asse di sviluppo per l’economia antica di tutta l’Italia meridionale (su tale tragitto, infatti, circolavano i numerosi prodotti che dalla Grecia giungevano a Roma).
Thursday, September 21, 2017
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